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Wolf Hall, House of Cards alla corte dei Tudor (e Brody si è fatto la corona)

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Se pensate di aver visto la fenomenologia del potere al suo apice in House of Cards, aspettate di dare un’occhiata a Wolf Hall, il nuovo show in sei episodi targato BBC Two e tratto dall’omonimo romanzo di Hilary Mantel, che racconta l’ascesa di Thomas Cromwell, primo consigliere di Enrico VIII e centrale nello scisma con Roma che portò all’indipendenza della Chiesa Anglicana.
Mark Rylance
, attore inglese noto soprattutto per i suoi ruoli a teatro (che gli sono fruttati tre Tony Awards), dà il volto al protagonista, di umili origini, ma colto e ambizioso, che si fa strada, cauto e silenzioso, alla corte del sovrano Tudor (interpretato da Damian Lewis, l’ex sergente Nicholas Brody di Homeland), diventando il suo braccio destro e colui che lo aiuta ad annullare il matrimonio con Caterina D’Aragona e sposare la tanto bramata Anna Bolena (Claire Foy).
E’ interessante vedere quanto la sobria scalata di Cromwell sia diversa da quella dello spietato e arrogante Frank Underwood di House of Cards. Entrambi puntano alto, ma i metodi che usano sono agli antipodi.
Il politico di Washington mira alla presidenza degli Usa. Per ottenerla, fa fuori (e non solo in senso figurato) chi lo ostacola, usa chi può essergli utile e se ne disfa quando è servito al suo scopo, è un maestro nell’arte della finzione e non conosce limite al peggio.
Non c’è nulla di malvagio nell’ascesa di Cromwell, un uomo che rispetta la lealtà. Taciturno, parla solo se interrogato, acquista potere perché diventa indispensabile, la persona a cui rivolgersi per risolvere problemi di qualsivoglia natura (un po’ alla Olivia Pope di Scandal). Certo, sa farsi amico le persone giuste, ma non ha nemmeno paura di esprimere opinioni scomode, un’onestà che gli guadagna la fiducia del re. Mentre lo sfacciato Underwood rende partecipe lo spettatore rivolgendosi direttamente alla telecamera, Cromwell è un introverso: il suo sguardo vale più di mille parole e alcune delle migliori scene si svolgono in silenzio.
Anche l’Enrico VIII di Lewis è più “pudico” e riservato rispetto ad altre trasposizioni televisive, un santo a confronto con Jonathan Rhys-Meyers dei Tudors, per intederci.
La serie non è di facile intrattenimento, richiede concentrazione e investimento da parte del pubblico. Eppure, se siete appassionati di politica e storia, e disposti a un ritmo più lento di House of Cards e a interpretazioni più compassate, Wolf Hall merita una chance.

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